Le Due Torri: Informazioni sull'attrazione
Simbolo di Bologna, le Due Torri caratterizzano lo skyline della città da molti secoli. Silenziose spettatrici di ogni evoluzione della città, si trovano oggi al termine della moderna via Rizzoli, in un punto nevralgico dello stradario bolognese che vede ai loro piedi la confluenza di importanti assi di comunicazione come via Zamboni, via San Vitale, Strada Maggiore, via Santo Stefano e via Castiglione. Posta davanti alle torri campeggia la benedicente statua di San Petronio, che vigila quotidianamente sul traffico cittadino con il volto rivolto verso la piazza principale.
La torre degli Asinelli
La torre più alta e forse più famosa della città prende il nome dalla
famiglia degli Asinelli,
che la costruì a cavallo tra il 1109 e il 1119. È alta
quasi 100 metri ed è tuttora
l'edificio più alto del centro storico. Proprio per questo motivo, a differenza delle altre torri, venne spesso utilizzata non come avamposto per la difesa privata, bensì pubblica: dal suo terrazzo si potevano vedere infatti i segnali di allarme che arrivavano dalle campagne cittadine e che venivano prodotti con fumo durante il giorno e con l'accensione di fuochi durante la notte.
La Torre degli Asinelli è anche una delle poche torri attualmente visitabili del centro storico. Chi riesce a superare la fatica dei
498 gradini che separano il piano di calpestio della strada da quello della terrazza sovrastante, è premiato con una
vista mozzafiato. Proprio dall’alto della torre si può ammirare tra l’altro la linearità della via Emilia che passa accanto alle Due Torri, ricalcando il tracciato di via Rizzoli e Strada Maggiore.
Il basamento della torre è avvolto da
un edificio quattrocentesco, detto rocchetta, che nei secoli passati accoglieva le guardie di turno. I negozi che occupano oggi questo spazio, senza alterarne le caratteristiche originali, riescono a restituirci uno spaccato verosimile di come dovessero essere le botteghe medievali di Bologna.
Ai piedi delle torri infatti si svolgeva il caotico “
mercato di mezzo”. Pare che durante il controllo visconteo della città di Bologna venne costruita un'impalcatura lignea che collegava le due torri, dalla quale le guardie potessero meglio controllare il turbolento mercato cittadino ed anticipare eventuali focolai di insurrezione.
La Garisenda
La torre più bassa prende invece il nome di
Garisenda ed è conosciuta in città per la sua
incredibile pendenza (pende addirittura di più di quella di Pisa!). A causa di questa sua caratteristica venne anche utilizzata da
Dante come termine di paragone all'interno della sua opera più famosa, la
Divina Commedia.
Giunto al cospetto del
gigante Anteo,
Dante e Virgilio chiedono un aiuto per superare un ostacolo che gli impediva il proseguimento del cammino nell’Inferno. Il gigante, chinatosi in avanti, porse loro i palmi perché potessero aggrapparvisi ed utilizzarli per essere trasportati. Dante descrive la sensazione di vedere il gigante chinarsi sulle loro teste con questi versi: ‹(…) Qual pare a riguardar la Carisenda / sotto ‘l chinato, quando un nuvol vada / sovr’essa sì ch’ella incontro penda; / tal parve Anteo a me che stava a bada / di vederlo chinare, e fu tal ora / ch’i’ avrei voluto ir per altra strada (…)››.
La torre Garisenda non è attualmente visitabile ma viene costantemente controllata e monitorata dai tecnici per verificare la stabilità dell'edificio.
È alta 47 metri, e la sua pendenza è causata da
un cedimento del terreno sottostante che avvenne già durante la costruzione, tant’è vero che Dante, studente a Bologna alla fine del 1200, la vide già inclinata.
Le Due Torri non erano le uniche presenti in quest'area: ve ne erano infatti altre tre nell'angolo compreso tra via Rizzoli e Piazza della Mercanzia. Vennero tuttavia abbattute nel 1919 nell'ambito di lavori fatti per motivi di “sicurezza e viabilità”, che portarono alla costruzione della Bologna moderna come la conosciamo oggi e all'allargamento dell'arteria di via Rizzoli.
I lavori furono fortemente osteggiati dal comitato per la Bologna storico artistica, dalla commissione per la conservazione dei monumenti per l'Emilia e anche dal professore di filosofia Giorgio del Vecchio, che addirittura arrivò lanciare una petizione popolare per la loro conservazione con l'appoggio dell'amico D'Annunzio. Ogni opposizione risultò però vana.