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Via Zamboni

Via, Bologna

Via Zamboni: Informazioni sull'attrazione

Via Zamboni, una volta strada San Donato, rappresenta il cuore della zona universitaria di Bologna: al civico 33 risiede infatti la sede dell'Alma Mater. Il suo tracciato è lungo poco meno di 1 km, prende il via dalle Due Torri e termina a Porta San Donato, una delle poche porte sopravvissute alla distruzione delle antiche mura.

Partendo dalle Due Torri e camminando verso l'esterno della città, si incontra subito sulla sinistra un piccolo slargo su cui si affaccia un arco sormontato da una maschera truce con la bocca spalancata.

Quella era l'entrata principale del Ghetto Ebraico, dotata di un portone che veniva serrato alla sera cosicché gli ebrei non potessero circolare liberamente all'interno della città. Il ghetto venne aperto nel 1566 e richiuso poco tempo dopo, nel 1593, quando le comunità ebraiche vennero definitivamente allontanate dai centri urbani. Si dovrà però attendere più di secolo per rivedere in città famiglie ebree.

Il mascherone che sormonta l'arco era invece anticamente collegato, attraverso un sistema di tubature, a Palazzo Malvasia, ancora oggi esistente a lato dell'arcata stessa: veniva utilizzato come fontana per il vino in occasione di ricevimenti per dimostrare la potenza e l’opulenza della famiglia, condividendo con chi passava per via Zamboni le gocce del prezioso vino dei vigneti di proprietà.

Proseguendo lungo via Zamboni si trovano poi Palazzo Magnani, affrescato dai Carracci, il conservatorio di musica dedicato a Martini, insegnante e mentore di Mozart durante il suo soggiorno in città nel 1770, e la Basilica di San Giacomo Maggiore.

Quest'ultima è arricchita al suo interno dalla cappella Bentivoglio, luogo di sepoltura della famiglia più potente di tutta la città che, nel 1400, riuscì a controllare Bologna per quasi un secolo facendole raggiungere l'apice del suo Rinascimento, in particolar modo sotto le figure di Giovanni II Bentivoglio e di sua moglie Ginevra Sforza. I due sono rappresentati magistralmente nella cappella stessa da un dipinto di Lorenzo Costa che li vede inginocchiarsi ai piedi della Vergine circondati dagli 11 figli nati dal loro matrimonio.

La basilica è arricchita all'esterno da un meraviglioso portico quattrocentesco che la collegava al palazzo dei Bentivoglio. Quest'ultimo fu distrutto nel 1507 in seguito alla cacciata della famiglia dalla città. Dal lato opposto alla chiesa si trovano i portici di casa Malvezzi de Medici mentre, proseguendo sotto il portico bentivolesco, si incontra la piccola entrata del prezioso Oratorio di Santa Cecilia, protettrice dei musicisti.

L’edificio di cui fa parte era probabilmente un tempo dotato di ingresso a sé stante che venne però inglobato dall’ingrandimento della cappella Bentivoglio. L’oratorio è decorato da opere di Francesco Francia, Lorenzo Costa, Giovanni Maria Chiodarolo, Cesare da Marozzo, il Bagnacavallo, Biagio Pupini e Amico Aspertini.

Al centro della via si apre oggi la grande Piazza Verdi, abbellita ancora dalle facciate delle antiche scuderie dei Bentivoglio e dal bellissimo Teatro Comunale, sorto sulle macerie del palazzo dell'importante famiglia bolognese. L’enorme terrazza che oggi decora la facciata del teatro venne costruita in epoca fascista per poter permettere ai gerarchi di avere un affaccio diretto sulla piazza.

Proseguendo nella passeggiata si incontrano poi Palazzo Poggi, sede dei musei universitari, ed altre sedi storiche delle principali facoltà dell'Università di Bologna.

A ricordare che Bologna non è solo arte antica ma anche modernità, sui muri del portico precedente Piazza Scaravilli campeggia un murales del pittore sudamericano Luis Gutierrez, a lui commissionato dall'università di Bologna per ricordare i 500 anni dalla scoperta dell'America (1492-1992, anche se l’opera venne commissionata nel 1988).

All'incrocio di via Zamboni con via Belle Arti si apre Largo Puntoni, spazio creato dalla distruzione di uno degli edifici prima qui collocati, che liberò un’area sufficiente per permettere la creazione, durante la Seconda Guerra Mondiale, di uno spazio dedicato agli Orti Urbani, ovvero a quelle aree interne alla città messi a coltivazione per permettere ai cittadini di sopravvivere alle ristrettezze causate dal conflitto bellico.