Monumento, Bologna
Porta Galliera prende il nome dal piccolo paese di Galliera, ultimo avamposto prima del territorio di Ferrara, che si poteva raggiungere uscendo dalla porta e proseguendo sempre dritto.
Questa è una delle 12 porte di Bologna sopravvissute alla distruzione della più ampia cerchia di mura della città bolognese.
Bologna contava tre cerchie di mura di diverse epoche: una romana, ora praticamente invisibile se non per brevissimi tratti, una risalente all’XI secolo, di cui vediamo qualche vestigia in giro per la città inglobata nelle case, ed infine la terza, la più grande di tutte.
Nel caso della terza cerchia, la distruzione fu programmata e voluta dallo stesso governo bolognese, che motivò questa decisione con la necessità di creare lavoro per i molti disoccupati del settore dell'edilizia e con la volontà di creare un maggiore ricircolo d'aria nel centro storico. Così facendo le condizioni igieniche della città, a inizio Novecento ancora assai precarie, sarebbero migliorate.
La demolizione cominciò nel 1902 e vide ben pochi oppositori. Uno di essi fu Alfonso Rubbiani, responsabile del restauro di moltissimi degli edifici della Bologna medievale. Rubbiani riteneva alquanto ipocrita questa operazione, in quanto la città non era ancora dotata di un sistema fognario regolare e di conseguenza a ben poco sarebbe servito l'abbattimento delle mura del ‘300.
Di fronte a ciò che rimane oggi della porta si possono ammirare i resti della Rocca di Porta Galliera, fatta costruire nel 1330 dal cardinale Bertrando del Poggetto. Decorata dai migliori artisti dell'epoca tra cui l'allora astro nascente Giotto, la rocca venne distrutta ben quattro volte della cittadinanza bolognese. La porta, molto vicina alla rocca, subì la medesima sorte ed assunse le forme attuali in seguito alla ricostruzione che avvenne tra il 1660 e il 1663.
Girandosi di spalle alla porta è impossibile non notare l'imponente scalinata del Pincio, che collega il moderno giardino della Montagnola, costruito esattamente su ciò che rimaneva dell’antica rocca papale, con via Indipendenza, disegnata nel 1896 da Tito Azzolini e Attilio Muggia.
Fonte di meraviglia per i cittadini bolognesi dell'epoca, la scalinata divenne anche molto utile durante la Seconda Guerra Mondiale, quando sotto le sue mura venne ricavato uno dei rifugi antiaerei più grandi di tutta la città. Il rifugio del Pincio oggi è stato trasformato in un moderno locale per eventi, noleggio biciclette e molto altro.
Ai piedi della scalinata troviamo una fontana decorata da una figura femminile che, avvinghiata ai crini di un cavallo marino, sembra voler fuggire da qualcuno. Questa strana posa ha solleticato nei secoli la fantasia dei bolognesi al punto da attribuirle il titolo di “moglie del gigante”, ovvero moglie della statua del Nettuno che campeggia sull'omonima fontana nei pressi di Piazza Maggiore. La fuga rocambolesca nella quale la donna sembra essere impegnata è stata quindi giustificata con la ridotta “prestanza” del marito: il Papa Pio IV, che commissionò la costruzione della statua, ne fece infatti diminuire le forme virili, in quanto ritenute troppo eccessive per un’opera papale.
Porta Galliera fu anche protagonista dell’episodio finale dell'insurrezione contro il governo austriaco dell’8 agosto 1848: gli ultimi soldati dell'esercito rimasti in città riuscirono a scappare velocemente passandole attraverso, in seguito alla chiusura di tutte le altre porte che erano state conquistate dai cittadini. Una lapide posta all'interno dell'arco principale ricorda i bolognesi caduti in quella circostanza.
Attualmente la porta si trova in una posizione decentrata rispetto a quella che sembra essere la via principale. La spiegazione si trova analizzando l'antica disposizione delle strade di Bologna: prima della costruzione di via Indipendenza, infatti, il principale collegamento tra l'esterno di Bologna e il cuore del suo potere era via Galliera, ancora oggi perfettamente in asse con l'entrata della porta.